La sesta sezione della Cassazione, con ordinanza interlocutoria n. 2755 del 5 febbraio 2020, ha iniziato ad affrontare il tema delle notificazioni a mezzo PEC, in relazione alla mancata consegna al destinatario per casella “piena”, prospettando tre diverse ricostruzioni da trattarsi all’udienza pubblica in contraddittorio.
Il problema, non compiutamente definito dal legislatore, è stabilire se la notificazione effettuata a mezzo PEC all’indirizzo del difensore quale risultante dal Reginde, non perfezionatasi a causa della saturazione della casella del destinatario, sia o meno valida ed efficace.
Le tre soluzioni partono da un medesimo presupposto: l’evento del mancato perfezionamento per casella “piena” è imputabile senz’altro al destinatario, che non ha gestito adeguatamente lo spazio per l’archiviazione e ricezione dei nuovi messaggi.
La prima ricostruzione prende le mosse dalla sentenza n. 29851/2019 della Cassazione e può così sintetizzarsi. In capo al notificante sorgerebbe comunque l’onere di rinnovare la notificazione, in un tempo adeguatamente contenuto, secondo le regole generali degli articoli 137 e seguenti c.p.c. In questo modo si salvaguarda il principio di ragionevole durata del processo e possono ritenersi conservati gli effetti della originaria notifica telematica non perfezionatasi per casella satura.
Tale ricostruzione offre il fianco ad una critica: se l’avvocato (destinatario) ha ingenerato nella controparte (notificante) un affidamento indicando in atti il solo domicilio elettronico, si dovrebbero applicare i principi esposti da Cassazione 21.5.208 n. 12451 e ritenere che il soggetto abilitato all’utilizzo del sistema di posta elettronica certificata sia responsabile della gestione della propria utenza e debba attivarsi affinché i messaggi possano essergli regolarmente recapitati. Ne deriverebbe che debba considerarsi validamente effettuata la notifica non consegnata per casella piena, non potendosi onerare l’altra parte di ulteriori attività.
La seconda ricostruzione esamina la fattispecie sotto altro profilo analizzando le norme di cui al codice di procedura civile. L’articolo 149-bis, comma 3°, c.p.c., con riguardo alle notifiche effettuate dall’ufficiale giudiziario, stabilisce che la notifica si intende perfezionata nel momento in cui il gestore rende disponibile il documento informatico nella casella di posta elettronica certificata del destinatario. L’articolo 138, comma 2°, c.p.c., considera il rifiuto del destinatario di ricevere la copia di un atto che si tenti di notificargli a mani proprie come equivalente ad una notificazione eseguita. Orbene, si potrebbe opinare che tali norme abbiano contenuto omologo al caso in esame, e che quindi la notificazione non consegnata per casella piena si abbia per perfezionata vuoi perché “resa comunque disponibile”, vuoi considerando equiparabili il rifiuto di ricevere e la casella PEC satura.
Anche tale opinione non va esente da critiche. Non si può non osservare che l’articolo 3-bis della Legge n. 53 del 1994 in tema di notifiche telematiche considera, come momento di perfezionamento della notificazione, quello “in cui viene generata la ricevuta di avvenuta consegna” che, nel nostro caso, non può essere rilasciata.
In terzo luogo, e da ultimo, la Cassazione rileva come si potrebbe sostenere che – alla luce del diritto di difesa costituzionalmente tutelato – una notificazione non perfezionatasi per casella del destinatario satura giustificherebbe l’ordine giudiziale di rinnovare il procedimento. In questa prospettiva il punto debole è rappresentato dalla difficoltà di conciliare l’ordine di rinnovazione con il principio, parimenti costituzionale, di ragionevole durata del processo.
Trattasi, in definitiva, di problematica di assoluto rilievo che andrebbe risolta.
Lecco, 4 giugno 2020 Avv. Fabio Brusadelli