(Articolo 2059 codice civile, in relazione ai diritti fondamentali della persona).
Lo afferma la sesta sezione civile della Cassazione, con ordinanza n. 17894 del 27 agosto 2020.
Ad un utente, che dapprima aveva deciso di cambiare il gestore della propria linea telefonica fissa salvo poi ripensarci, non era stato ripristinato il servizio dal primo fornitore, per oltre nove mesi. Rimasto privo della possibilità di avvalersi del mezzo di comunicazione, citava in giudizio la compagnia telefonica chiedendo il risarcimento del danno non patrimoniale (art. 2059 c.c.). Assumeva fosse stato leso il suo diritto fondamentale a comunicare, costituzionalmente garantito. Secondo la prospettazione attorea la categoria dei diritti fondamentali della persona, costituenti come noto in un “catalogo aperto” suscettibile di mutare e di evolversi col passare del tempo, includerebbe oggi anche il diritto di disporre di un servizio di telefonia fissa presso la propria abitazione.
Diametralmente opposto il parere reso dalla Cassazione.
E’ pur vero, sostengono gli Ermellini, che sono assurti al rango di diritti fondamentali della persona alcuni diritti di cui un tempo si ignorava l’esistenza, o che comunque non erano considerati tali (ad esempio il diritto all’oblio, quello all’identità digitale ecc.), ma resta indubbio che tale non possa considerarsi il diritto ad utilizzare un ben individuato mezzo di comunicazione quale una linea fissa telefonica, considerato l’elevato numero di altri mezzi sostitutivi.
Ricorda la Corte che il danno non patrimoniale è risarcibile solo: i) nei casi determinati dalla legge; ii) quando il fatto illecito abbia vulnerato un diritto fondamentale della persona, costituzionalmente garantito.
Due sono i requisiti essenziali affinché una situazione giuridica possa qualificarsi come “diritto fondamentale della persona”. Il primo è che il diritto leso riguardi la persona e non il suo patrimonio. Ciò può verificarsi quando il fatto illecito abbia privato la vittima del godimento di beni materiali essenziali per la vita quali acqua, aria, cibo, alloggio o farmaci. Sotto tale profilo, l’uso di un telefono non rientra certo nei beni necessari alla sopravvivenza. Il secondo requisito è che l’esercizio di un diritto non possa essere impedito sopprimendo o limitando la libertà dell’essere umano. Anche sotto questo profilo, non può dirsi che l’impedimento all’uso di un telefono possa menomare la dignità o la libertà dell’essere umano, proprio perché non preclude all’interessato di servirsi di altri mezzi.
Non va confuso, conclude la Corte, il diritto a comunicare – che ha copertura costituzionale – con il diritto a comunicare con un solo determinato telefono – che ovviamente copertura costituzionale non ha.
Inadempimenti delle compagnie telefoniche e/o disservizi, pur gravi e protratti per lungo tempo, non trovano ulteriore rimedio che non sia quello del risarcimento del danno patrimoniale.
Lecco, 13 ottobre 2020
Avv. Fabio Brusadelli