Forma del precetto – Omessa indicazione della data di notificazione del titolo esecutivo – Nullità – Non sussiste – Raggiungimento dello scopo dell’atto – art. 156, comma 3°, c.p.c.
Ai sensi dell’articolo 480, comma 2°, c.p.c., l’atto di precetto deve contenere, a pena di nullità, l’indicazione della data di notificazione del titolo esecutivo, se fatta separatamente e prima rispetto all’intimazione ad adempiere.
La fattispecie più frequente è quella in cui il creditore ottenga un decreto ingiuntivo non immediatamente esecutivo, lo notifichi ai sensi degli articoli 643 e 644 c.p.c., decorso il termine per l’opposizione richieda l’apposizione della formula esecutiva e, infine, notifichi l’atto di precetto senza procedere ad una nuova notificazione del decreto ingiuntivo come da articolo 654, comma 2° c.p.c.
E’ il caso esaminato anche dalla terza sezione civile della Cassazione, con sentenza n. 1928 del 28 gennaio 2020.
Gli Ermellini, chiamati a pronunciarsi su una sentenza del Tribunale di Gorizia che aveva decretato la nullità di un atto di precetto privo di indicazione della data di notificazione del decreto ingiuntivo, non ne hanno condiviso l’iter logico perché incompleto. Il Tribunale non poteva infatti prescindere dall’effettuare anche l’analisi richiesta dall’articolo 156, comma 3°, c.p.c. a norma del quale la nullità non può mai essere pronunciata se l’atto ha raggiunto lo scopo cui è destinato.
Premesso che il raggiungimento dello scopo cui l’atto (formalmente) nullo è preordinato è una circostanza impeditiva della pronuncia sulla nullità, il Giudice, anche ex officio, dopo aver riscontrato la sussistenza in astratto della nullità non può trascurare di accertare in concreto se quella nullità sia sanata dal fatto che per il debitore nessuna incertezza fosse possibile sull’individuazione del titolo.
Se nel caso concreto, prosegue la Corte, l’omissione non abbia ingenerato alcun equivoco nel debitore, ad esempio perché non esistevano altri rapporti di dare/avere tra le parti oppure perché il credito era in altro modo indicato nel precetto senza possibilità di incertezze, l’erronea indicazione o l’omissione degli elementi formali prescritti dall’articolo 480, comma 2°, c.p.c. non determina la nullità del precetto (in continuità con l’orientamento già espresso dalla Cassazione con sentenza n. 6536/1987).
La validità dell’atto deve essere valutata alla luce del principio di conservazione di cui all’articolo 156 c.p.c., che preclude la pronuncia di nullità al cospetto di omissioni puramente formali giacché la forma dell’atto processuale non ha valore di per sé, ma è funzionale allo scopo.
Interessante, da ultimo, l’analisi svolta nella sentenza in commento sull’iter logico richiesto all’organo giudicante allorquando debba pronunciarsi sulla nullità di un precetto o di un qualsiasi altro atto processuale. Il Giudice deve:
- individuare quali siano i requisiti formali richiesti dalla legge per l’atto della cui validità si discute (ricognizione della fattispecie astratta);
- accertare con quali forme e contenuti sia stato compiuto l’atto suddetto e se l’una e gli altri coincidano con quelli prescritti dalla legge (accertamento della fattispecie concreta);
- ove lo schema legale dell’atto non coincida con la sua realizzazione concreta il Giudice non potrà dichiararlo nullo sic et simpliciter ma dovrà compiere una terza indagine: stabilire se l’atto, nonostante il vizio formale, abbia concretamente raggiunto lo scopo cui era preordinato.
Lecco, 27 aprile 2020
Avv. Fabio Brusadelli