Associazione Professionale – Avvocati – Rapporto associativo atipico.
Come noto, con l’introduzione dell’articolo 4-bis nella Legge 31 dicembre 2012 n. 247, l’esercizio della professione forense in forma societaria è ora consentito anche a società di persone, di capitali o cooperative (cosiddette STP), purché nel rispetto dei requisiti posti dalla stessa norma.
L’alternativa, scelta anche dallo Studio Legale Brusadelli, è quella di esercitare la professione in forma associativa, creando un’associazione tra professionisti, in cui l’incarico è sempre conferito al singolo avvocato in forma personale.
Può succedere che alcuni avvocati stipulino tra di loro contratti associativi atipici, e che nascano poi controversie sulla spartizione degli utili o delle perdite.
E’ quanto accaduto a Roma, tra colleghi che hanno instaurato un rapporto atipico in virtù del quale l’uno conferiva la propria professionalità, il proprio studio (separato da quello degli altri associati) ed il proprio portafoglio clienti in una determinata zona, e l’altro obbligava sé (e l’associazione professionale rappresentata) a riconoscere al primo il 30% sulle somme pagate dai clienti assistiti congiuntamente.
La Corte di Cassazione, con ordinanza n. 34538 del 27 dicembre 2019, ha rigettato il ricorso dell’ “associando” la cui domanda era volta al pagamento delle percentuali pattuite.
Posto che il ricorso è stato giudicato inammissibile perché volto ad ottenere un nuovo accertamento in fatto, riservato al giudice del merito e non censurabile in sede di legittimità, la Cassazione ha ritenuto corrette le argomentazioni della Corte d’Appello, che di seguito riportiamo in sintesi.
Gli elementi qualificanti del rapporto associativo tra professionisti vanno esaminati e ricercati con riferimento alla disciplina della società semplice.
Ne consegue che, allo scopo di verificare la sussistenza o meno tra le parti di un rapporto associativo atipico rileva, in primo luogo, l’esistenza di un fondo comune (inteso come patrimonio distinto da quello personale dei singoli associati).
Va poi verificata la presenza di ulteriori elementi qualificanti, quale la partecipazione alle spese e la partecipazione al rischio d’impresa. Da qui, la massima enucleata dalla Corte: “l’elemento che connota qualsiasi associazione professionale, seppur atipica, è la compartecipazione di tutti gli associati agli utili ed alle perdite. Queste ultime non possono ridursi al mancato pagamento degli onorari, che rappresentano i ricavi (n.d.r.: come invece sostenuto dal ricorrente), potendo essere solo conseguenza dell’eventuale superamento, sotto il profilo contabile, dei costi di gestione della complessa attività di una studio professionale rispetto ai proventi dello studio medesimo”.
All’esito dei tre gradi di giudizio s’è quindi stabilito che non è stato costituito alcun rapporto associativo atipico tra gli Avvocati romani e l’accordo tra essi stipulato può al limite essere configurato come gestione congiunta di più affari.
Lecco, 10 febbraio 2020
Avv. Fabio Brusadelli